Formiamo i cuochi affinché nei loro menu pongano maggiormente l’accento sul clima.
Peter Lutz: Una cucina rispettosa del clima deve piacere ai clienti e per farlo deve essere quanto più attrattiva possibile. Anche se offriamo ovviamente piatti di carne, questo alimento influisce molto sulle emissioni di CO2. Se vogliamo evitarlo, dobbiamo dare grande importanza ai contorni di verdure e alle alternative vegetali. Per questo è molto importante che i cuochi ricevano nuovi stimoli seguendo i corsi di cucina tenuti nell’atelier zurighese del rinomato specialista di cucina vegetariana Rolf Hiltl.
I cuochi sono professionisti. Che cosa imparano frequentando i corsi?
La formazione classica pone molto l’accento sulla preparazione dei piatti di carne. Questi corsi sono invece incentrati sui piatti vegetariani, ad esempio con il tofu, e anche su una grande varietà di contorni. In particolare si apprendono vari metodi di cottura a fuoco lento, s’impara a utilizzare con fantasia le spezie o a trovare variazioni di verdure fuori dal comune. Abbiamo potuto constatare che questo dà ai cuochi nuovi impulsi e li stimola ad utilizzare intensamente le conoscenze acquisite. Inoltre i riscontri positivi ricevuti dagli ospiti fanno aumentare la loro motivazione per continuare su questa strada.
Quali specializzazioni vegetariane sono particolarmente adatte per la gastronomia collettiva?
Le cucine etniche. Piatti thailandesi o indiani e ovviamente delle regioni mediterranee. Ed è interessante notare che i clienti apprezzano molto se il cuoco sa prepararli in modo autentico. Oggi un riso Casimiro come lo conoscevamo prima lascia piuttosto delusi.
Ma per questo tipo di ricette non occorre importare molta merce aerotrasportata?
Assolutamente no! Prendiamo ad esempio la cucina indiana con molte melanzane e patate. Per prepararla noi puntiamo su merce svizzera. I prodotti aerotrasportati sono responsabili per una parte rilevante delle emissioni di CO2, per questo abbiamo già ridotto del 50 per cento la loro quota.
Oltre che su ingredienti di stagione, puntiamo anche su verdure svizzere non coltivate in serre riscaldate con combustibili fossili. A tale scopo abbiamo lanciato nel 2013 un progetto insieme ad altri partner, che già nel 2014 ci ha consentito di acquistare 126 tonnellate di pomodori e 61 tonnellate di cetrioli da coltivazioni svizzere rispettose del clima. Collaboriamo strettamente con i nostri fornitori per raggiungere un elevato grado di trasparenza.
Quali sono le priorità generali del programma ONE TWO WE?
Vogliamo risparmiare annualmente il 10 per cento delle emissioni totali di CO2 rispetto al 2012. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo definito con esperti dei settori offerta, acquisti, produzione e logistica categorie misurabili, che fungono da linee guida per un piano di sostenibilità individuale nei ristoranti. Di centrale importanza è l’approvvigionamento con prodotti freschi dalla Svizzera, che comporta la riduzione della quantità di merce aerotrasportata e dei prodotti coltivati in serre riscaldate con combustibili fossili. Inoltre intendiamo ampliare e rendere più attrattiva l’offerta di piatti a base di vegetali. Nel frattempo la metà dell’offerta nei ristoranti coinvolti è vegetariana. Infine ci concentriamo sulla gestione del ristorante, che deve lavorare con la massima efficienza energetica possibile e produrre la minor quantità di rifiuti possibile. Sono già sette anni che lavoriamo al tema dello spreco alimentare.
Quali aspetti climatici stanno particolarmente a cuore ai clienti?
Dipende dalla regione. Nella Svizzera tedesca si guarda molto ai fatti, ossia alle etichette come MSC o ASC per il pesce o alla quota di prodotti aerotrasportati, mentre nella Svizzera romanda i clienti badano più alla provenienza degli alimenti. In generale ogni ristorante ha le sue peculiarità. Per questo motivo non allestiamo un piano di sostenibilità centralizzato, bensì lasciamo a ciascun ristorante lo spazio di manovra necessario per allestire un piano individuale.